Come si calcola la pensione dei dirigenti industriali? La materia è stata ritoccata nel corso del 2003, quando la soppressione del fondo INPDAI ha comportato il passaggio dei lavoratori con questa qualifica all’INPS. Facciamo chiarezza sul calcolo pensioni dirigenti industria.
Un passaggio tramutatosi in un ridimensionamento dei trattamenti pensionistici, in particolare quelli di chi ha diritto ad una consistente quota di calcolo retributivo, i cui emolumenti sono cresciuti molto nel corso di questi anni. Il congelamento della quota INPDAI si è infatti tramutato nel blocco della retribuzione pensionabile, da cui hanno trovato scampo solo coloro che hanno esercitato la costituzione della posizione assicurativa o la ricongiunzione dei contributi, casi per i quali la quota di pensione è unica. Ma andiamo a vedere meglio il tema.
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Come si calcolano le quote della pensione dirigenti industriali
Dal primo giorno di gennaio del 2003 le funzioni un tempo esercitate dall’INPDAI sono state trasferite all’INPS, con conseguente iscrizione dei dirigenti industriali all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. In conseguenza di ciò, il loro regime pensionistico è ricalcato quasi interamente sul modello del Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD), che prevede il calcolo delle pensioni tramite la somma di due quote:
- una corrispondente alle anzianità contributive già acquisite presso l’INPDAI prima della sua soppressione, da calcolare tramite applicazione delle norme in vigore per la gestione dirigenziale;
- la seconda la quale corrisponde invece alle anzianità dal primo giorno del 2003 e che si calcola tramite integrale applicazione delle disposizioni relative ai lavoratori dipendenti iscritti all’INPS.
Il calcolo della pensione dei dirigenti industriali che si riferisce alla quota maturata prima della riforma prevede una serie di quote, ovvero:
- Quota A, relativa all’anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 1992. In questo caso la retribuzione media pensionabile è calcolata sugli ultimi 5 anni di contributi precedenti alla decorrenza della pensione, con il massimale che viene indicizzato per gli anni successivi al 2002. Una volta determinata in questa maniera, la retribuzione media pensionabile viene utilizzata al fine di determinare la quota di pensione corrispondente ai periodi di contributi al 31 dicembre 1992, con le aliquote di rendimento e le fasce di retribuzione utilizzate dall’INPDAI prima della sua definitiva soppressione;
- Quota B, che si riferisce all’anzianità contributiva maturata nel periodo che va dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2002. In questo caso, la retribuzione media pensionabile viene calcolata prendendo come base gli ultimi 10 anni di contributi precedenti alla decorrenza della pensione, determinata secondo i criteri INPDAI.
Da sottolineare come l’anzianità dal 1993 al 2002, ovvero la Quota B, si divida in più quote, ovvero:
- B2, che va ricondotta al biennio 1995-1996 con l’aliquota di rendimento per ogni anno di anzianità contributiva abbattuta dal 2,66% al 2%, come avviene per tutte le pensioni erogate dall’INPS;
- B3, che riguarda invece il periodo dal 1° gennaio del 1997, con l’elevazione da tre a cinque delle fasce di retribuzione pensionabile, articolate a loro volta su scaglioni di reddito che sono meno vantaggiosi rispetto al passato. Sono inoltre state ridotte le aliquote di rendimento al di sopra della prima fascia ed aggiornato il massimale contributivo;
- B4, dal 1° gennaio del 2003, che ha in pratica comportato la riunificazione dell’intero sistema in direzione dell’assicurazione generale obbligatoria. Da questo momento gli iscritti al fondo INPDAI sono stati sottoposti allo stesso complesso di regole valido per i lavoratori iscritti all’INPS. Ne è conseguita, quindi, l’abolizione del massimale contributivo, con il calcolo della retribuzione media pensionabile ora calcolata sull’ultimo decennio di contribuzione che precede la decorrenza dell’uscita dal lavoro. Una regola valida indipendentemente dal fatto che si tratti di assicurazione INPDAI o INPS. Per effetto di questo accorgimento, l’anzianità contributiva è quella acquisita presso il fondo pensione lavoratori dipendenti dal 1°gennaio 2003, con conseguente applicazione delle sue aliquote di rendimento e fasce di retribuzione.
Nel caso di contributi trasferiti da altre gestioni, la retribuzione media pensionabile viene calcolata sugli ultimi 5 o 10 anni, antecedenti la decorrenza della pensione INPDAI, con aliquote di rendimento e fasce in vigore all’interno delle gestioni originarie.
Cosa accade per i periodi assicurativi non unificati?
Su quanto ricordato sinora, occorre fare un’importante integrazione. La Corte di Cassazione, infatti, nella sentenza numero 19036/ del 2017, ha specificato che l’abolizione dell’INPDAI non ha comportato l’unificazione dei periodi assicurativi presenti nella sua gestione con quelli Inps, tale da poter essere assimilata alla ricongiunzione gratuita.
Cosa vuol dire ciò? Che, in pratica, la retribuzione pensionabile dei dirigenti già iscritti all’Inpdai è basata sulle retribuzioni percepite in costanza di rapporto assicurativo con l’ente prima della sua soppressione, e non sulle retribuzioni percepite negli ultimi 5 e 10 anni calcolate rispetto alla data del pensionamento.
Un criterio che, secondo la Cassazione, va adottato senza distinzione alcuna tra dirigenti ancora iscritti e lavoratori non più coperti da assicurazione INPDAI alla data del 31 dicembre 2002. L’unico modo per poter unificare quote di pensione dei due enti previdenziali sono la costituzione della posizione assicurativa o la ricongiunzione della contribuzione, tali da sfociare in una sola gestione contributiva.
Un dirigente iscritto a ENPALS e INPDAI che non abbia richiesto una delle due ipotesi precedenti può egualmente inoltrare la domanda all’INPS, ma a titolo oneroso, come avviene per la ricongiunzione ordinaria. Ipotesi da vagliare con attenzione, in quanto potrebbe risultare non conveniente.