Capire la pensione integrativaFondo pensione disoccupati

Fondo pensione disoccupati

Molti pensano che i fondi pensione siano riservati solo a chi ha un lavoro stabile e può quindi accantonare una parte del suo stipendio per integrare la pensione pubblica. Ma cosa fare se la vita ti mette di fronte a una pausa forzata nella tua carriera? Come comportarsi quando il flusso di reddito si interrompe improvvisamente, ma la necessità di preservare il tuo futuro finanziario rimane immutata?

Niente paura, perché anche se non hai un lavoro continuativo o non lavori affatto, puoi comunque pensare al tuo avvenire e a quello dei tuoi cari. In questo articolo ti spieghiamo come fare per aderire a un Fondo Pensione Disoccupati e quali sono i vantaggi che puoi ottenere.

Non importa se sei una casalinga, uno studente o un lavoratore occasionale: il fondo pensione è un’opportunità per tutti. Non lasciarti scoraggiare dalle difficoltà del presente e investi sul tuo domani. Scopri con noi come fare per scegliere il fondo pensione più adatto alle tue esigenze e come versare i contributi anche senza una busta paga.

Il fondo pensione: un’opportunità per tutti

Il fondo pensione è una forma di previdenza complementare che si rivolge a diverse categorie di soggetti, non solo a chi ha un rapporto di lavoro subordinato. In un’epoca in cui le carriere professionali si evolvono rapidamente e le tradizionali forme di lavoro sono in costante trasformazione, è fondamentale adottare un approccio inclusivo nella progettazione dei fondi pensione, al fine di garantire che tutti abbiano la possibilità di beneficiare di un sistema di previdenza solido e adatto alle loro esigenze specifiche.

Le opportunità di adesione a un fondo pensione si estendono ben oltre i tradizionali lavoratori dipendenti, abbracciando una varietà di occupazioni e forme di lavoro. Nello specifico, l’adesione ai fondi pensione è un diritto garantito a tutti, con una gamma eterogenea di partecipanti che include:

  • lavoratori subordinati impiegati sia nel settore privato che in quello pubblico;
  • lavoratori autonomi (commercianti, artigiani);
  • liberi professionisti (avvocati, medici, architetti, ecc.);
  • persone con altri tipi di contratti di lavoro, ad esempio lavoratori a progetto, titolari d’impresa, lavoratori che svolgono una prestazione di lavoro prevalentemente personale in via continuativa e in coordinamento con il committente, ecc.;
  • soggetti che non svolgono attività lavorativa;
  • pensionati, a condizione che aderiscano al fondo almeno un anno prima di raggiungere i requisiti per la pensione di vecchiaia;
  • persone che non hanno un reddito personale e sono fiscalmente a carico di un altro contribuente, come il coniuge o i figli.

Come puoi notare, l’iscrizione al fondo pensione è aperta a diverse categorie di persone, tra cui quelle che non hanno mai svolto un’attività lavorativa o che si trovano in uno stato di disoccupazione. Inoltre, anche i minori possono iscriversi al fondo pensione e iniziare a risparmiare per il loro futuro.

Questa è un’opportunità che non esclude nessuno, poiché tutti hanno il diritto di godersi una terza età dignitosa e serena, a prescindere dal fatto che abbiano lavorato o abbiano scelto un percorso diverso nella loro vita.

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Requisiti per ottenere l’assegno sociale in Italia

Cominciamo la nostra analisi parlando delle persone che non hanno mai svolto un’attività lavorativa nella loro vita e che arrivano all’età della pensione. Queste persone, in passato, potevano beneficiare della pensione sociale, una prestazione economica che veniva erogata a chi non aveva mai lavorato o non aveva versato abbastanza contributi per avere la pensione di vecchiaia, purché avesse un reddito basso e avesse almeno 65 anni di età. Dal 1° gennaio 1996, però, la pensione sociale è stata sostituita dall’assegno sociale, che ha requisiti simili ma più stringenti.

L’assegno sociale è un aiuto finanziario erogato dallo Stato alle persone in condizioni economiche svantaggiate che hanno raggiunto i 67 anni di età e non sono idonee a ricevere la pensione di vecchiaia. È concesso, previa regolare richiesta all’Inps, patronati o intermediari, ai cittadini italiani e stranieri che hanno redditi al di sotto delle soglie stabilite ogni anno dalla legge.

I richiedenti devono avere la residenza effettiva in Italia, poiché la prestazione non può essere “esportata”, quindi non può essere concessa a chi risiede fuori dal nostro Paese.

Dal 1° gennaio 2019, per avere diritto all’assegno sociale, tutti i cittadini italiani e stranieri devono possedere i requisiti elencati di seguito:

  • avere almeno 67 anni di età;
  • essere cittadini italiani;
  • risiedere effettivamente in Italia;
  • trovarsi in una condizione di difficoltà economica, con un reddito annuo non superiore a 6.542,51 euro, che diventano 13.085,02 euro se il richiedente ha un coniuge;
  • aver soggiornato in Italia in modo legale e senza interruzioni per dieci anni (a partire dal 1° gennaio 2009);
  • se cittadini dell’Unione Europea, essere iscritti all’anagrafe del Comune in cui si risiede;
  • se cittadini di Paesi extra europei, essere familiari di un cittadino comunitario e avere il permesso di soggiorno UE per residenti di lunga durata o lo status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria.

L’ammontare dell’assegno sociale per l’anno 2023 è fissato a 503,27 euro, pagati in 13 mensilità. Tale sostegno economico spetta:

  • integralmente a chi non è sposato e non dispone di alcun reddito familiare e anche ai soggetti sposati il cui reddito non supera l’importo annuo totale dell’assegno (6.542,51);
  • in forma ridotta alle persone non sposate che hanno un reddito non superiore all’ammontare annuo dell’assegno o agli sposati che hanno un reddito familiare compreso tra 6.542,51 e 13.085,02 all’anno.

Supponiamo che una persona non coniugata abbia un reddito annuo di 4.000 euro: l’importo dell’assegno sociale sarà pari a 195,58 euro, ovvero a 6.542,51 – 4.000 euro/13.

Assegno sociale: maggiorazione e revoca

Se il beneficiario dell’assegno sociale si trasferisce all’estero per un periodo superiore a 29 giorni consecutivi, la prestazione viene sospesa temporaneamente. Se il soggiorno all’estero si protrae per più di un anno dalla data di sospensione, la prestazione viene revocata in modo permanente e non può essere più richiesta.

Per quanto riguarda la maggiorazione dell’assegno sociale, la legge n. 388/2000, articolo 70, prevede che il beneficiario del sostegno possa ricevere un aumento della prestazione di 12,92 euro al mese per 13 mesi se ha un’età inferiore a 75 anni, oppure di 20,66 euro al mese per 13 mesi se ha un’età uguale o maggiore a 75 anni.

Inoltre, dal 1° gennaio 2002, coloro che hanno compiuto 70 anni di età possono richiedere il cosiddetto “incremento al milione“. Questo requisito viene abbassato di un anno per ogni 5 anni di contribuzione versati (con un limite massimo di 5 anni in meno).

I limiti della pensione sociale: perché non basta

Dai dati presentati nei paragrafi precedenti, si evince immediatamente che la pensione sociale non è sufficiente per coprire le esigenze di una persona di età superiore a 67 anni.

L’importo integrale dell’assegno spetta soltanto a chi non è sposato e non percepisce alcun reddito o a chi, pur essendo coniugato, può fare affidamento su entrate di modesta entità. È importante notare che coloro che percepiscono un reddito rischiano di subire una diminuzione dell’importo dell’assegno a loro spettante. Tale circostanza si verifica nel caso in cui il reddito superi anche di poco la soglia stabilita, comportando una riduzione dell’importo del beneficio finanziario accordato.

Per questo motivo, anche chi non ha un’occupazione dovrebbe considerare sin da ora l’opportunità di sottoscrivere un piano di previdenza complementare. Si tratta di una decisione che può fare la differenza per tutelare chi, in età avanzata, dovrà affrontare spese più elevate legate alla salute, alla casa e ad altri bisogni essenziali.

Quindi, a livello familiare, è sempre bene tenere in considerazione la possibilità di aderire a un fondo pensione, in modo da garantire a tutti i membri una copertura adeguata in un periodo della vita che richiede particolari premure.

Cosa accade al fondo pensione se trovo lavoro o lo cambio?

Supponendo che una persona disoccupata e iscritta a un fondo pensione trovi un’occupazione, cosa succede al capitale accantonato per la pensione complementare?

Chi trova lavoro come dipendente può iscriversi al fondo pensione del settore di appartenenza e spostare su di esso tutto il risparmio previdenziale che ha maturato fino a quel momento. A tal proposito, è importante precisare che, in base al nostro ordinamento, è sempre possibile spostare il risparmio accumulato da un fondo pensione a un altro, per assecondare la mutevole situazione lavorativa dell’individuo.

Quindi, quanto detto in merito alla possibilità di trasferire i propri risparmi a un altro fondo pensione non riguarda solo chi cambia la propria condizione lavorativa da disoccupato a dipendente, ma anche chi passa:

  • da lavoratore subordinato a lavoratore autonomo;
  • da libero professionista a lavoratore subordinato.

In definitiva, la posizione individuale rimane legata all’individuo che l’ha aperta e non viene perduta.

Un futuro previdenziale per tutta la famiglia: adesione dei familiari a carico al fondo pensione

Esaminiamo ora una possibilità che riguarda i nuclei familiari con più componenti: quella di far aderire al proprio fondo pensione anche i familiari che sono fiscalmente a carico, come coniugi e figli, sia minorenni che maggiorenni.

Una caratteristica interessante di questa opzione è che non ci sono limiti d’età per aprire una posizione previdenziale per la propria prole: in questo modo è possibile tutelare il futuro dei propri figli e favorire il loro accumulo pensionistico.

Ma chi sono i familiari a carico ai fini fiscali? Rientrano in questa categoria i figli e il coniuge, anche se non conviventi, che hanno un reddito proprio inferiore a 2.840,51 €, al lordo delle spese deducibili (tranne alcuni redditi esenti come le pensioni, indennità e assegni per invalidi civili, ciechi civili, e così via). A partire dal 2019, i figli che non hanno ancora compiuto 25 anni possono avere un reddito fino a 4.000 euro per essere considerati a carico.

Un vantaggio da non trascurare per chi sottoscrive un fondo pensione è che, come previsto dall’articolo 8, comma 4, del Decreto legislativo 252/2005, i versamenti effettuati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente possono essere dedotti dal reddito complessivo fino a un importo massimo di 5.164,57 euro annui. Inoltre, il comma 5 stabilisce che anche i contributi versati per i familiari a carico, indicati nell’articolo 12 del Tuir, sono fiscalmente deducibili, sempre entro il limite di 5.164,57.

Puoi facilmente notare il vantaggio di questa contribuzione per un figlio minorenne, il quale, ancora in piena gioventù, potrà beneficiare di una base considerevole di risparmio grazie ad anni di capitalizzazione. Potrà, inoltre, continuare a incrementare il suo capitale con ulteriori contributi al piano previdenziale, beneficiando della capitalizzazione per circa 50-60 anni fino al momento della pensione. Questo tipo di adesione a un fondo pensionistico è quindi un modo per garantire ai familiari più giovani un reddito adeguato e sicuro nella vecchiaia.

Un altro vantaggio è la facoltà di decidere in maniera indipendente la somma da versare, in funzione delle proprie possibilità finanziarie e degli obiettivi futuri.

Per concludere, siamo convinti che il Fondo Pensione Disoccupati sia un’opportunità da non farsi scappare perché riteniamo che il valore delle persone non possa essere misurato solamente attraverso il lavoro, ma si estende a tutti gli aspetti che contribuiscono alla loro dignità e benessere.

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