Capire la pensione integrativaCosti fondi pensione

Costi fondi pensione

Prima di prendere in considerazione l’adesione a un fondo pensione aperto o chiuso, è essenziale valutare attentamente sia i vantaggi che si possono ottenere che i costi correlati. Infatti, il peso dei costi potrebbe rendere non conveniente la decisione di sottoscrivere il fondo, in particolare se l’aderente non adotta una prospettiva di investimento di medio-lungo termine.

È fondamentale avere ben chiaro in mente che la pensione futura va pianificata con anticipo, sin dagli inizi dell’attività lavorativa, e non va rimandata a quando si è vicini al termine della propria carriera professionale. Questo approccio garantisce una maggiore sicurezza finanziaria nella fase successiva, quando sarà tempo di godere dei frutti di un’adeguata previdenza.

Un’approfondita analisi dei benefici economici e degli oneri associati ai fondi pensione fornisce un quadro esaustivo e dettagliato riguardo alla convenienza finanziaria dell’utilizzo di uno strumento di previdenza complementare.

In questa guida esamineremo i diversi tipi di costi che possono essere applicati ai fondi pensione, illustrando le loro implicazioni sul rendimento degli investimenti e sulle prospettive di guadagno per i futuri pensionati. Preparati a scoprire come una corretta comprensione dell’analisi costi/benefici può fare la differenza nella pianificazione del tuo futuro previdenziale.

Costi della previdenza complementare: riconoscere le differenze tra i fondi pensione

Quando ci si sofferma sull’analisi dei costi che scaturiscono dalla sottoscrizione di un fondo pensione, è importante sapere sin dal principio che ogni fondo presenta caratteristiche e peculiarità diverse.

Spesso, tra coloro che aderiscono ai fondi pensione c’è un po’ di confusione e la maggioranza di loro ritiene erroneamente che esista una singola tipologia di pensione integrativa, mentre in realtà ce ne sono diversi tipi. Non essendo sufficientemente informate, queste persone commettono l’errore di pensare che i costi della previdenza complementare siano tutti uguali. Al contrario, i costi dei fondi pensione presentano un’elevata eterogeneità e sono strettamente correlati alla specifica tipologia di fondo pensionistico prescelto.

Per evitare equivoci, bisogna saper distinguere in modo chiaro le tre principali categorie di strumenti per la previdenza integrativa. In questo modo, si potrà scegliere la soluzione più adatta alle proprie esigenze senza incorrere in errori di valutazione.

  • Fondi pensione chiusi (o “negoziali”): sono istituiti dai datori di lavoro o dai sindacati. L’adesione a tali fondi è limitata ai dipendenti dell’azienda o ai lavoratori del settore specifico.
  • Fondi pensione aperti: sono promossi da intermediari finanziari come banche, società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare o compagnie assicurative e vi si può accedere sia individualmente che collettivamente.
  • Piani Individuali Pensionistici (PIP): sono offerti dalle compagnie assicurative e vi si può aderire solo su base individuale.

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Prospetto dei costi medi annui dei fondi pensione

Riportiamo qui di seguito un riepilogo contenente i costi medi annui relativi ai fondi pensione, con una distinzione in base alla tipologia del fondo e alla durata dell’investimento. Il prospetto è consultabile sul sito della COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) e viene aggiornato periodicamente. Tale documento confronta i costi dei fondi pensione chiusi, aperti e dei PIP in base alla tipologia e alla durata dell’investimento, in modo da fornire una panoramica chiara e completa della spesa necessaria per aderire a un fondo pensione. Secondo i dati più recenti, i costi medi annui dei fondi pensione sono:

  • per i fondi pensione chiusi: 0,36% per 10 anni e 0,23% per 35 anni;
  • per i fondi pensione aperti: 1,16% per 10 anni e 1,05% per 35 anni;
  • per i PIP: 1,93% per 10 anni e 1,60% per 35 anni.

Dall’analisi dei costi dei fondi pensione complementare, emerge chiaramente che, indipendentemente dalla tipologia, i costi si riducono solo se si opta per un periodo di adesione più esteso.

Questo fenomeno si spiega con il fatto che i costi fissi che gravano sul fondo pensione vengono distribuiti su un numero maggiore di anni, diminuendo così la loro incidenza sul rendimento e sul capitale del fondo.

Esaminando i dati sopra riportati, possiamo trarre la conclusione che i costi che l’aderente deve sostenere per sottoscrivere un PIP sono molto più elevati rispetto a quelli che deve affrontare per aderire a un fondo pensione chiuso.

Anche se non si può generalizzare in modo assoluto, in linea di massima si può dire che i fondi pensione chiusi sono la forma di previdenza complementare più vantaggiosa, soprattutto se si prevede di aderirvi per un periodo piuttosto lungo. Quelli aperti, invece, sono notevolmente più costosi rispetto alla tipologia negoziale, ma a loro volta sono decisamente più economici dei PIP.

Impatto delle garanzie sui costi dei fondi pensione

Alcuni fondi pensione complementare hanno dei costi più alti perché offrono ai lavoratori una sicurezza in più. Questa sicurezza può essere di due tipi:

  • la garanzia di restituzione del capitale, cioè la promessa che il fondo pensione restituirà al lavoratore almeno quanto ha versato nel tempo, anche se il fondo ha avuto delle perdite;
  • la garanzia di rendimento pari o superiore al TFR, cioè la promessa che il fondo pensione darà al lavoratore almeno quanto avrebbe ricevuto se avesse lasciato il suo TFR nel sistema pubblico, anche se il fondo ha avuto dei rendimenti bassi. Questa è una clausola che alcune forme di previdenza complementare offrono ai partecipanti.

Se si confrontano i costi pubblicati sul sito della COVIP, si nota che scegliere un fondo chiuso con garanzia implica il pagamento di costi più elevati (circa il 55% in più) rispetto a quelli che si pagherebbero aderendo a un fondo chiuso senza garanzia.

Questo fa sì che la garanzia non abbia molto senso per i giovani, i quali hanno un orizzonte temporale più lungo e possono sopportare meglio le fluttuazioni dei rendimenti. Per chi è vicino al pensionamento, invece, la garanzia può essere più conveniente perché riduce il rischio di subire perdite nel momento in cui si deve trasformare il capitale accumulato in una rendita. Inoltre, chi è prossimo al pensionamento ha già beneficiato degli effetti della capitalizzazione composta e quindi ha un patrimonio più consistente da proteggere.

L’indicatore sintetico dei costi come strumento di valutazione

A questo punto, è opportuno fare un’osservazione sulla modalità con cui viene calcolato l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC), parametro consultabile sul sito della COVIP.

Per consentire a chi aderisce ai fondi pensione complementare di avere una chiara e sicura visione delle condizioni contrattuali dei fondi stessi, vengono elaborati e resi pubblici degli indicatori sintetici di costo (ISC).

La determinazione dell’ISC segue una metodologia stabilita dalla COVIP, la quale viene applicata in maniera uniforme a tutte le tipologie di previdenza complementare recentemente istituite e fornisce un quadro immediato dei costi totali che gravano ogni anno in percentuale sulla posizione individuale degli aderenti. Tale indicatore, quindi, non solo fornisce una misura dell’onerosità di ogni fondo, ma permette anche di confrontare tutti i fondi pensione che sono disponibili sul mercato.

Come si calcola l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC)

Per il calcolo si considera un aderente al fondo che effettua un versamento annuo di 2.500 euro, supponendo un tasso di rendimento annuo del 4%. Inoltre, si prendono in esame diversi periodi di permanenza nel fondo pensione (2, 5, 10 e 35 anni), in quanto l’impatto di alcuni costi diminuisce nel tempo al crescere della posizione individuale maturata.

Oltre a dipendere dall’orizzonte temporale di riferimento, l’ISC è condizionato dalle linee di investimento offerte: valori più alti dell’ISC si riscontrano quando la composizione del portafoglio di investimento del fondo presenta una maggiore quota azionaria o quando sono presenti garanzie di risultato.

Le spese da prendere in considerazione per il calcolo dell’ISC sono l’importo che si deve pagare per iscriversi al fondo, i costi da sostenere ogni anno (che possono essere una somma fissa o una percentuale dei contributi versati), le commissioni che si applicano sul valore del patrimonio accumulato.

Dal calcolo dell’ISC rimangono, invece, esclusi quei costi che non dipendono dal fondo pensione, ma dalla fiscalità, dalla negoziazione, dal rendimento o da eventi eccezionali non prevedibili in anticipo. In particolare, si tratta di:

  • oneri fiscali sui rendimenti;
  • spese legali e giudiziarie;
  • commissioni di incentivo;
  • oneri di negoziazione;
  • spese legate a circostanze eccezionali o comunque imprevedibili.

Inoltre, non si considerano i costi che dipendono dalle scelte personali dell’iscritto, come ad esempio il cambio di fondo pensione. Però si tiene conto del costo del trasferimento, che è una prerogativa individuale, ma solo se avviene prima del 35esimo anno di partecipazione al fondo, perché dopo si presume che l’iscritto vada in pensione.

Per calcolare l’ISC, bisogna fare la differenza tra RT e RN. La prima sigla indica il rendimento che si otterrebbe se non ci fossero costi da pagare, la seconda, invece, rappresenta il rendimento che si ottiene considerando i costi che si devono pagare. È importante precisare che quando parliamo di rendimento intendiamo il tasso interno di rendimento, che tiene conto dei flussi di cassa, cioè delle entrate e delle uscite di denaro che avvengono nel tempo. Ad esempio, se investi 100 euro e dopo un anno prelevi 10 euro e dopo due anni hai 110 euro, il tuo tasso interno di rendimento è del 4,76%.

La differenza tra questi due numeri è l’ISC, che indica di quanto si riduce il rendimento a causa dei costi. Più l’ISC è alto, più il rendimento si abbassa. Consideriamo, ad esempio, un individuo che contribuisce a un piano pensionistico per 35 anni e accumula un capitale di 100.000 euro. Con un ISC dell’1%, il costo annuale totale sarebbe dell’1% di 100.000 euro, ovvero 1.000 euro.

Tuttavia, se l’ISC fosse del 2%, il costo annuale totale sarebbe il doppio, cioè 2.000 euro. Nel corso di 35 anni, questa differenza avrebbe un impatto significativo sull’importo accumulato.

Utilizzando un calcolatore di interesse composto, possiamo determinare che un ISC del 2% anziché dell’1% può ridurre il capitale maturato dopo 35 anni di contribuzione al fondo pensione di circa il 18%. Quindi, nell’esempio precedentemente citato, il capitale accumulato sarebbe ridotto da 100.000 euro a circa 82.000 euro.

Conclusioni

In conclusione, i costi dei fondi pensione sono un elemento importante da considerare quando si sceglie di aderire a una forma di previdenza complementare. Per confrontare l’onerosità dei diversi fondi pensione, è utile utilizzare l’ISC (Indicatore Sintetico dei Costi), che esprime in percentuale il costo annuale sostenuto da un iscritto. L’ISC non è l’unico criterio da valutare, ma è sicuramente uno strumento utile per fare scelte previdenziali consapevoli e adeguate alle proprie esigenze.

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